sommario

saggi

Massimo Luciani, Una discussione sui beni comuni …. 375
Francesco Viola, Beni comuni e bene comune …. 381
Ermanno Vitale, Distinguendo. Un’applicazione alla dottrina dei beni comuni …. 399
Sandro Staiano, «Beni comuni» categoria ideologicamente estenuata …. 415
Luigi D’Andrea, I beni comuni tra pubblico e privato …. 433
Ines Ciolli, Sulla natura giuridica dei beni comuni …. 457
Alberto Lucarelli, Crisi della democrazia e funzione sociale dei beni pubblici nella prospettiva costituzionale. Verso i beni comuni …. 483
Emanuele Rossi, Le finalità e gli strumenti della democrazia partecipativa nell’ordinamento giuridico italiano …. 493
Vincenzo Cerulli Irelli, Beni comuni e diritti collettivi …. 529
Lorenza Violini, Il bene comune acqua nella prospettiva multilivello …. 535

osservatorio

Federico Sorrentino, L’acqua come bene comune e come servizio pubblico …. 545
Andrea Di Porto, Per uno statuto della proprietà dei beni destinati all’uso pubblico …. 551
Quirino Camerlengo, La controversa nozione di bene comune …. 557

attualità

Fulvio Costantino, Bene comune e scelta del regolatore …. 573
Roberto Di Maria, Filippo Romeo, I beni confiscati alla criminalità come “beni comuni”: brevi considerazioni, tra diritto pubblico e privato …. 589

Abstract

Massimo Luciani, Una discussione sui beni comuni

Il contributo esamina il tema dei beni comuni, considerato sia alla luce del debito ideologico gravante sulla proposta di attribuire loro cittadinanza scientifica, sia cercando di individuare un comune denominatore fra le diverse posizioni, identificato dall’Autore nel dubbio stesso di poter addivenire a una nozione unitaria di “bene comune”, come tale assoggettabile al medesimo trattamento normativo. L’Autore evidenzia che, in realtà, sotto il tema dei beni comuni giace la questione ben più vasta della modernità e della critica alla dicotomia fra proprietà pubblica e privata; che la Costituzione non serra le porte ad altre forme di possesso e anzi, nel riferimento alla funzione “sociale” della proprietà, implica una diretta considerazione della dimensione dei diritti e impone un’uscita dalle strettoie della statualità; che, prima di esportare il principio di leale collaborazione anche nei rapporti sociali, dovrebbe forse esser giocata prioritariamente la partita della rappresentanza, alla quale si siedono i cittadini.

A Debate About Common Goods

The paper examines the theme of common goods with regard to both the ideological background of the proposal to grant them a scientific character and the attempt to find a common denominator among different positions, which according to the Author consists in the doubt itself to define a unitary concept of “common good” subject to the same regulatory treatment. The Author points out that, in reality, behind the theme of common goods lies the much broader question of modernity and criticism of the dichotomy between public and private property and stresses that Constitution never excluded other forms of ownership by implying, in reference to the “social function” of property, a direct consideration of the rights dimension and imposing an exit from the frame of statehood. Finally, he observed that the issue of representation of citizens should be addressed before exporting the principle of sincere cooperation in social relations.

Francesco Viola, Bene comune e beni comuni

Una rigorosa distinzione fra “bene comune” e “beni comuni” non deve far perdere di vista il loro stretto collegamento. Questo articolo intende esplorare quale apporto la gestione dei beni comuni può dare alla ricerca del bene comune. Dopo una ridefinizione dei beni comuni volta a criticare il carattere antropocentrico di una loro subordinazione ai diritti fondamentali e a difendere la rilevanza del criterio ecologico della loro deperibilità, si mostra come il governo dei beni comuni permetta un’auto-organizzazione dell’interdipendenza rispettosa della libertà delle persone e esigente nei confronti della loro responsabilità di fronte alla tutela dei beni della natura. Da queste considerazioni si traggono, infine, alcune conseguenze sul modo di determinare il bene comune, superando
la tradizionale dicotomia tra Stato e mercato.

The Common Good and the Commons

A rigorous distinction between the common good and the commons must not hide their strict link. This article aims at exploring what contribution the managing of the commons can bring to the search of the common good. Firstly,
it re-defines the commons criticizing the anthropocentric character of their subordination to fundamental rights and defending the relevance of the ecological criterion of their perishability. Secondly, it is argued that the governance of the commons allows the self-organization of an interdependence both respectful of human freedom and demanding regarding human responsibilities towards natural goods. Finally, some implications on the way of determining the common good are drawn that overcome the traditional dichotomy between State and market.

Ermanno Vitale, Distinguendo. Un’applicazione alla dottrina dei beni comuni

Il saggio intende ricostruire e distinguere analiticamente, dopo aver fatto cenno al dibattito anglosassone sui commons, quattro posizioni oggi significative nella discussione italiana sui beni comuni. La prima, di impianto filosofico, è quella riconducibile al terzo volume della trilogia scritta da Antonio Negri con Michael Hardt, intitolata Comune. Oltre il privato e il pubblico; la seconda, di matrice prevalentemente giusromanistica, fa capo ai saggi di Paolo Maddalena, e in particolare al volume Il territorio bene comune degli italiani. Proprietà collettiva, proprietà privata e interesse pubblico; la terza, a cavallo tra diritto privato e costituzionale, trova espressione soprattutto in vari contributi di Stefano Rodotà; infine la quarta, che si colloca all’interno di un’ampia riflessione di filosofia e teoria generale del diritto, si incontra nell’opera di Luigi Ferrajoli, nella quale Vitale a grandi linee si riconosce.

Trying to Distinguish. An Application to the Commons Italian Theories

Starting from the well known Anglo-Saxon debate about the commons, the essay analyzes four positions in the today Italian discussion on this topic. The first position, which is a philosophical one, can be found in the third volume of the trilogy Comune. Oltre il privato e il pubblico, written by Antonio Negri and Michael Hardt. The second one, which represents a juridical (roman law) point of view, can be found in Paolo Maddalena’s writings, particularly in the book Il territorio bene comune degli italiani. Proprietà collettiva, proprietà privata e interesse pubblico. The third one, which is also a juridical interpretation, specifically located between private and constitutional law, can be found especially in several essays written by Stefano Rodotà. Finally, the fourth one, which moves from a theoretical perspective (between philosophy and theory of law) can be found in Luigi Ferrajoli’s work. With this last position Vitale broadly agrees.

Sandro Staiano, «Beni comuni» categoria ideologicamente estenuata

La teoria dei beni comuni, nella sua versione più compiuta e meglio fondata, postula l’eccessiva ristrettezza delle classificazioni incentrate sul criterio della proprietà, pubblica e privata, e propone un tertium genus, costituito dai beni necessari a garantire alle persone il godimento dei diritti fondamentali, beni che dunque non tollerano nell’accesso discriminazioni conducenti a diseguaglianze intollerabili. Si tratta di un approccio che non pretende di presentare una nuova costruzione compiuta del rapporto tra persona e beni, un nuovo edificio dogmatico della proprietà, ma vuole proporre un «cambio di paradigma», formulando una proposta analitica capace di condurre all’identificazione di tali «determinati beni».
Purtroppo, da questa ricostruzione, o più esattamente dalla sua equivoca restituzione ideologica, è germinata una fioritura di assunti apodittici, in connessione con programmi di palingenesi sociale, presentati come «teorie», non solo della proprietà, ma fin della Costituzione e dello Stato. L’indeterminatezza – e forse l’incommensurabilità – della categoria dei beni comuni hanno condotto a ogni arbitrio nell’identificazione delle fattispecie a essa riconducibili, con la pretesa che la giurisdizione, anche penale, a tale arbitrio dia avallo e corso applicativo. Sicché è lecito – forse doveroso – interrogarsi intorno alla «utilità» e «non dannosità», in senso teoretico, della definizione scientifica «beni comuni». Il lemma, infatti, che avrebbe potuto indicare efficacemente un nuovo orizzonte problematico, può risultare disutile per eccesso di connotazione ideologica: quando si parla di «beni comuni» occorrerebbe definirne preliminarmente e accuratamente il designatum, o preferire, con le opportune precisazioni, altra formula («beni fondamentali» o, per perifrasi, «beni che implicano diritti fondamentali»).

“Commons” as a Worn out Ideological Concept

The Commons theory – in its most complete and solid version – argues that classifications based on notion of public or private property are excessively limited in scope. Instead, it proposes a tertium genus, consisting in goods that
are necessary to ensure the effective enjoyment of fundamental rights. Such goods do not allow for discrimination leading to unacceptable inequality. This approach does not aim to build a new and comprehensive framework concerning the relationship between persons and goods, or a new theoretical construction of property, but rather to advocate for a paradigmatic shift, suggesting an analysis capable to identify such “determined goods”.
Unfortunately, this re-construction, or more precisely its ideological misunderstanding, generated a plethora of apodictic assumptions in conjunction with aims of social renovation, presented as “theories” concerning not only property but also the Constitution and the State. The indeterminate and perhaps immeasurable character of the category of Commons have led to arbitrary identifications of the cases included within its scope, under the conviction that jurisdiction (including criminal jurisdiction) may support and enforce them. Therefore, it appears advisable and perhaps necessary to enquire on the “usefulness” and “non-detrimental” character – in a theoretical sense – of the scientific definition of “Commons”. This expression, indeed, could have effectively pointed to new
theoretical issues, but it can be considered useless because of its excessive ideological connotations. When one speaks of “Commons” it would then be necessary to offer a preliminary and careful definition of the designatum, or to prefer other expressions (such as “fundamental goods” or “goods that imply fundamental rights”) while carrying out the necessary clarifications.

Luigi D’Andrea, I beni comuni tra pubblico e privato

Il saggio ha ad oggetto la categoria dei beni comuni, che si caratterizza per la sua rilevante attualità, tanto sul terreno politico-istituzionale quanto sul versante economico-sociale. Si evidenzia la larga assenza, in seno al dibattito scientifico – e, più in generale, pubblico – relativo alla questione dei beni comuni, del contributo della dottrina costituzionalistica: assenza tanto più sorprendente e censurabile, in quanto la categoria in esame, pur marcata da un’incomprimibile eterogeneità, trova, secondo le ricostruzioni giuridiche più accreditate, il suo baricentro nella funzionalità alla tutela dei diritti fondamentali ed al libero sviluppo della persona umana. E proprio in ragione di tale strumentalità ai diritti inviolabili dell’uomo, la locuzione “beni comuni” può e deve essere “convertita” nell’espressione sintetica dell’esigenza, che naturalmente si colloca al cuore del costituzionalismo contemporaneo, di funzionalizzare appunto all’effettivo godimento di tali situazioni giuridiche tutte le “risorse” (beni materiali ed immateriali, funzioni pubbliche, le professionalità e le competenze dei cittadini, il “capitale sociale” presente nel tessuto comunitario …) di cui l’ordinamento dispone. Una simile (assai ardua…) sfida può essere credibilmente affrontata non certo superando la polarità dialettica pubblico/privato, come suggerito da molti studiosi, ma piuttosto valorizzando le molteplici virtualità positive in tale dialettica racchiuse, nella prospettiva tanto di una reciproca limitazione della sfera pubblica e della sfera privata, quanto di un loro rapporto sinergico, conforme al principio, costituzionalmente sancito, di sussidiarietà. In conclusione, si rileva come la polarità pubblico/privato si articoli nel fenomeno procedimentale, nell’assetto dei regimi proprietari, nella configurazione della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive.

Commons between Public and Private

The essay deals with the category of commons, which is very topical, both on the political and institutional level and on the economic and the social ones. The wide absence of constitutional law studies in the scientific debate on the commons – and, more generally, in the public discussion on this issue – should be highlighted; this absence is even more surprising and censurable given that this category, although marked by an incompressible heterogeneity, finds its centre of gravity on its instrumental character to the protection of fundamental rights and free development of the human person, as the most famous views of legal experts show. Since it serves fundamental human rights, the expression “commons” can and must be converted in essence in the need, which of course is at the heart of contemporary constitutionalism, to make more effective all the “resources” available in the society (e.g. tangible and intangible assets, public duties, citizens’ professional skills and competences, the “social capital” amongst the community) to their full enjoyment. This (very difficult …) challenge cannot be faced in a credible way by overcoming the public/private dynamics, as many scholars suggest. The several positive features involved in these dynamics must be enhanced instead, in the perspective both of their mutual limitations and of their synergic relationship, in compliance with the subsidiarity principle enshrined in the Constitution. In conclusion, the essay demonstrates how the public/private polarity works in the administrative procedures, in the structure of property rights and in the configuration of the judicial protection of legal positions.

Ines Ciolli, Sulla natura giuridica dei beni comuni

Gli studi sui beni comuni hanno avuto il merito di riaccendere la discussione sull’accesso ai beni necessari per la sopravvivenza o strumentali al godimento di diritti, sulla proprietà pubblica in opposizione alle privatizzazioni e
alle alienazioni di beni appartenenti al demanio e a tutti i cittadini.
Da tempo i giuristi tentano di elaborare una teoria dei beni comuni che sia in grado di legittimare le pretese di un uso collettivo su beni pubblici o privati. Le difficoltà si concentrano sul fatto che si tratta di una categoria che si presenta ambigua e onnicomprensiva. I beni cosiddetti comuni hanno una diversa natura e rispondono a diversi regimi proprietari e d’uso.
Secondo alcuni, l’ancoraggio storico e teorico di tali beni si deve far risalire alla tradizione romanistica; si è però rivelato complesso rintracciare le categorie che più si confanno a quella del “comune”; inoltre, una comparazione diacronica tra beni e situazioni, che risentono di un contesto completamente diverso, resta di difficile soluzione.
Persino l’accostamento tra beni comuni e usi civici, che anche la Commissione Rodotà aveva tentato, mette in evidenza alcune differenze difficilmente superabili.
La tesi che si vuole invece sostenere è quella che vede nei beni comuni un particolare genus della species beni pubblici. Si potrebbe includere in essa i beni immateriali, quelli che sono scarsi e non riproducibili, che hanno sia una proprietà, sia un godimento collettivo. Far rientrare i beni comuni nella più ampia categoria dei beni pubblici avrebbe il pregio di garantire a questi ultimi una tutela più stringente, più consolidata e nello stesso tempo rinvigorirebbe la vecchia categoria, svilita da ripetute privatizzazioni e alienazioni in favore di privati. La riforma potrebbe dunque concentrarsi su una modifica dell’art. 42 Cost. non per inserire un tertium genus, ma per garantire una tutela più stringente ai beni pubblici.

On the Juridical Nature of Commons

Thanks to the Common goods, the discussion about the public property, the access of water, food or other primarily goods has risen. The next step was to elaborate a theory of Commons Goods. It would be useful to legitimize a sharing use of public or private property. The difficult is Common good is a concept that includes very different situations and goods, therefore it is not a category of law.
Some scholars revives the tradition dating back to Roman law; it is not easy to track down the categories that befitting to “common goods”; Furthermore, a diachronic comparison of goods and situations that are affected by a completely different context, remains difficult to solve.
The matching between common goods and the historical sharing properties (usi civici) is not so easy, too because there are the insurmountable differences. A possible theory considers the commons goods as particular genus of the species public goods.
It could be included in it, the immaterial goods, the scarce and non-reproducible ones. All these goods must have a sharing use and property. If common goods were considered as public goods, it may provide us a strict and traditional protection; moreover the traditional category would come back in vogue. The reform in this case it is expected to change the article 42 of Constitution but it would not involve to insert a third category (the common goods) but to reform and to reinforce the category of public goods.

Alberto Lucarelli, Crisi della democrazia e funzione sociale dei beni pubblici nella prospettiva costituzionale. Verso i beni comuni.
Le riflessioni sviluppate nel testo riguardano il tema dei beni pubblici e del loro uso da parte della collettività. In particolare l’autore ripercorre le tappe fondamentali delle principali concezioni teoriche sui beni, a partire dalla tradizione romanistica, passando per la visione tipica dello stato amministrativo di epoca napoleonica fino allo statuto della proprietà pubblica del codice civile e della costituzione del 1948.
La ricostruzione teorica propone infine una particolare declinazione dei beni pubblici, intesi come beni comuni, non in proprietà pubblica ma in uso pubblico, prendendo le distanze anche dalla concezione di proprietà collettiva.

Crisis of the Democracy and Social Function of the Public Goods. Towards the Commons

The reflections developed in the text concern the theme of public goods and their use by the community. Particularly, the author traces the milestones of the main theoretical conceptions on goods, beginning from the roman tradition, passing by the typical view of the administrative state of the Napoleonic age, until the statute of public property of the Civil Code and the Constitution of the 1948. The theoretical reconstruction proposes at last a particular declination of public goods, understood as commons, not in public property but in public use, also taking the distances from the conception of collective property.

Emanuele Rossi, Le finalità e gli strumenti della democrazia partecipativa nell’ordinamento giuridico italiano

Il lavoro analizza il tema della democrazia partecipativa alla luce delle soluzioni legislative adottate nell’ordinamento italiano, sia a livello nazionale che regionale. Dopo aver considerato le finalità, costituzionalmente rilevanti, di queste
forme di partecipazione e cercato di definire il concetto di “democrazia partecipativa” – anche alla luce di concetti vicini o simili, quali in particolare quello di “democrazia deliberativa” –, l’A. analizza le nuove forme di partecipazione alle politiche pubbliche previste e regolate a livello regionale. Nello specifico vengono considerate le leggi della Toscana e dell’Emilia-Romagna, che costituiscono il tentativo più avanzato di introdurre forme di partecipazione popolare all’elaborazione delle politiche pubbliche a livello locale. Sul piano nazionale, vengono analizzate alcune previsioni relative alla partecipazione al procedimento amministrativo (relativamente alle Autorità amministrative indipendenti) ed anche la prassi recente di far precedere, da parte del Governo, la presentazione di disegni di legge alle Camere da una consultazione aperta. In conclusione vengono accennati alcuni dei vantaggi e dei connessi rischi relativi allo sviluppo di tali forme di partecipazione.

The Goals and Instruments of Participatory Democracy in the Italian Legal Order.

This essay analyses the subject of participatory democracy in light of the legislative solutions adopted in the Italian legal order, both at national and at regional level. After having considered the constitutionally relevant goals of these forms of participations and defined the concept of “participatory democracy”- also in light of other similar concepts, like that of “deliberative democracy”- the author explores some new forms of participation in public policies present at regional level. Specifically, the author considers the regional laws of Tuscany and EmiliaRomagna, which represent the most advanced attempt at introducing forms of popular participation in the elaboration of public policies at local level. At national level, the author looks at some provisions concerning the participation in
the administrative procedure (with particular regard to the independent administrative authorities) and at the recent praxis concerning the celebration of open consultations before the submission of government bills to the chambers.
In the final part of the essay, some advantages and risks connected to the development of these forms of participation are mentioned.

Vincenzo Cerulli Irelli, Beni comuni e diritti collettivi

L’espressione “beni comuni” individua diverse realtà. Sono “beni comuni” le cose del mondo materiale oggetto di particolari “diritti” di appartenenza attribuiti alla collettività di abitanti (la cd. proprietà collettiva), nonché il territorio, il paesaggio e l’ambiente, beni sui quali le autorità pubbliche esercitano il potere di governo e di gestione nell’interesse della collettività. Una terza accezione, priva di qualsiasi valenza giuridica, identifica i beni comuni nella “tutela della salute”, nella “diffusione della cultura”, nella “buona amministrazione”. In tal caso, si tratta più propriamente di una espressione evocativa di obiettivi dell’azione politica e di governo.

The Commons

The word commons has different legal meanings: The things that belong to a community; The land, the landscape and the environment, which are managed by public authorities in the public interest. Despite the use in the political discourse the “protection of health”, the culture, the “good administration” are not commons, they are instead evocative expressions, which indicate objectives of the policy and government.

Lorenza Violini, Il bene comune acqua nella prospettiva multilivello

Il presente contributo si interroga sul senso del diritto all’acqua inquadrato nella prospettiva dei c.d. “beni comuni”. Le riflessioni muoveranno da alcuni spunti offerti dalla letteratura in materia per svilupparsi poi nell’ambito dei diversi livelli di governo coinvolti nella tutela del diritto all’acqua: il livello internazionale, il livello europeo e il livello nazionale.

Water as a Common Good: a Multilevel Perspective

The present paper deals with the sense of the right to water analyzed within the common goods’ perspective. The following reflections will take into account the most relevant doctrine and will be developed through the three levels of government involved in the protection of the right to water: international, european and national level.
Federico Sorrentino, L’acqua come bene comune e come servizio pubblico Al di là della pretesa – in sé legittima – di considerare l’acqua un bene comune, ciò che in concreto rileva è che il servizio di captazione, di adduzione e di distribuzione dell’acqua è un servizio pubblico di rilevanza economica, il cui affidamento deve essere effettuato con procedure ad evidenza pubblica.
Di qui scaturisce la necessità che il suo svolgimento copra i costi – compresi quelli finanziari – che il gestore deve affrontare, essendo inammissibile che le caratteristiche del “bene comune” debbano determinare l’accollo da parte della collettività dei costi della sua gestione.

Water as a Common Good and a Public Service

Apart from the claim – in itself legittimate – to consider water a “common good”, it is stated that finding, inning and distributing water is an important economic public service, which is to be carried out following public interest procedures.
This leads to the requirement that the cost associated with the above activities – including the financial cost – should be completely covered, since it is considered inadmissible that the mere characteristic of “common good” should determine a financial burden for society.

Andrea Di Porto, Per uno statuto della proprietà dei beni destinati all’uso pubblico

Con le note sentenze delle sezioni unite civili della Corte di Cassazione sulle valli da pesca della laguna di Venezia (nn. 3665, 3811, 3812, 3936-3939 del 14-18 febbraio 2011), la nozione di “beni comuni” – come beni, non importa se
pubblici o privati, strumentalmente collegati alla realizzazione degli interessi di tutti i cittadini – è entrata nel nostro diritto vivente. Tale nozione non è nuova: la giurisprudenza creativa della stessa Cassazione, antecedente al codice civile del 1942, aveva già individuato una categoria di beni, non soltanto privati ma anche pubblici, destinati all’uso pubblico o, in prospettiva soggettiva, una categoria di diritti di uso pubblico sui medesimi beni, costruendo per tali diritti una disciplina articolata in principii fra i quali spiccava quello della legittimazione popolare. Ma, dopo l’entrata in vigore del codice civile del 1942, ed in particolare dell’articolo 825, che assoggetta al regime del demanio pubblico i beni privati funzionali al “conseguimento di fini di pubblico interesse”, la suddetta disciplina era stata confermata soltanto con riferimento a diritti di uso pubblico su beni privati. La nozione di “beni comuni” che si ricava dalle sentenze della Cassazione sulle valli da pesca della laguna di Venezia rimette sullo stesso piano i diritti di uso pubblico su beni privati e i diritti di uso pubblico su beni demaniali. I principii creati dalla giurisprudenza antecedente al codice civile del 1942 potrebbero quindi costituire la base per uno statuto della proprietà, pubblica, privata e collettiva, dei beni destinati all’uso pubblico.

For a Regulation of Property of “Commons”

Thanks to the well known judgements of Italian Supreme Court (Corte di Cassazione) about the fishing valleys of Venice lagoon (nn. 3665, 3811, 3812, 3936-3939 of 14-18 february 2011), the notion of “commons” – as goods, no
matters if in public or in private property, instrumentally linked to realization of citizens’ interests – entered the domestic jurisprudence. The notion is not a novelty: the creative case law of the same Supreme Court (Corte di Cassazione), before the Italian civil code of 1942 entered into force, had already identified a category of goods, not only in private but also in public property, intended for a public use or, in a subjective perspective, a category of rights of public use on the same goods. Popular legitimation principle stood out among the fundamental principles regulating such rights. However, after the coming into force of Italian civil code of 1942, and especially of article 825, which subjects to the public domain legal rules private goods instrumental in the “achievement of public purposes”, the above mentioned principles were confirmed with only reference to rights of public use on goods in private property. The notion of “commons” that emerges from the judgments of Supreme Court (Corte di Cassazione) about fishing valleys of Venice lagoon puts again on the same level rights of public use on goods in private property and rights of public use on goods in public property. The principles created by the case law before the entry into force of the Italian civil code of 1942 may therefore represent the basis for the regulation of public, private and collective property of goods destined for public use.

Quirino Camerlengo, La controversa nozione di bene comune

Il tema dei beni comuni ha ripreso vigore in occasione del rilancio delle privatizzazioni. Infatti, gli studiosi che hanno propugnato l’idea di un tertium genus di beni, distinti tanto dai beni privati quanto dai beni comuni, aspirano a costruire un edificio teorico volto a limitare la discrezionalità delle istituzioni nella alienazione dei beni in questione e nella devoluzione a privati delle relative attività di fornitura.
Questo saggio, che mette in contatto diritto e analisi economica, mira a offrire una serie di spunti di riflessione, anche critica, al fine di sondare le possibilità di un corretto e coerente inquadramento dei beni comuni all’interno del diritto positivo italiano, con una particolare attenzione ai princìpi costituzionali incisi da tale fenomeno.

The Controversial Concept of Common Good

Simultaneously with the start of privatization, the theme of the commons has involved scholars of law and economic analysis lovers. The theory of the commons wants to set limits to state power to transfer to private some goods
considered indispensable for the effective exercise of fundamental rights.
This article aims to provide a number of insights, even critical, in order to explore the possibilities of a correct and consistent framework of common goods within the Italian positive law, with a particular attention to constitutional
principles engraved by this topic.

Fulvio Costantino, Bene comune e scelta del regolatore

Al di là del dibattito sul significato dell’espressione “commons”, specialmente in riferimento all’acqua, non c’è dubbio sull’importanza della risorsa, sia in senso economico che giuridico.
L’attuale agenzia, classificata tra le indipendenti, AEEGSI, è in grado di regolare efficacemente il settore idrico? Essa è imparziale rispetto alle varie politiche del settore idrico?

Commons and Regulatory Choices

Beyond the economic and legal debate on the meaning of “commons”, there is no doubt about the great importance of the water resource.
The current agency, AEEGSI, classified as independent, is able to regulate effectively the water sector? Is it impartial with respect to the different views about the regulation of the sector?

Roberto Di Maria, Filippo Romeo, I beni confiscati alla criminalità come “beni comuni”: brevi considerazioni, tra diritto pubblico e privato

La categoria dei c.d. “beni comuni” – di relativamente recente conio – è ancora oggetto di una non pienamente definita qualificazione giuridica; la prospettiva che pare più utile, agli Autori, per addivenire alla premessa definizione è quella “funzionalistica” ovverosia quella per cui i “beni” assumono rilevanza e si connotano in funzione di un particolare fine sociale e, in specie, per l’esercizio dei diritti fondamentali e per il libero sviluppo della persona. Sotto questo profilo, allora, sembra possibile ricondurre entro la suddetta categoria anche i beni confiscati alla criminalità, nonché soggetti ad amministrazione giudiziaria, appunto in ragione della loro “funzionalizzazione sociale”: la regolamentazione della relativa procedura è conforme, infatti, con i principi di “partecipazione” e “personalistico”, di eguaglianza e solidarietà, con la garanzia dei diritti sociali ed – in particolare – con la “funzione sociale” della proprietà. Ed è proprio alla luce dei premessi principi che si rinviene, dunque, il legame sostanziale con la nozione (astratta) di “bene comune” quale categoria posta alla base di una democrazia partecipativa, espressione dell’impegno e della responsabilità di ogni individuo (potenziale utilizzatore) finalizzata a soddisfare interessi di lungo periodo e bisogni delle generazioni future.

The Goods Confiscated to the Organised Crime as “Commons”: a Few Notations, between Public and Civil Law

The category of “Commons” – quite new in coining – it is actually lacking in a fully precise juridical definition; the better perspective to gain such definition is, in the opinion of the Authors, the “functional” one, that is to qualify the
“Goods” in order to perceive a specific social utility and, especially, the practice of fundamental rights and the free development of individual. From this point of view, then, it is possible to include in such category also the goods confiscated to the organised crime, even if under judiciary administration, just because their “social function”: the regimentation of this procedure complies, indeed, with the principles of “participation” and “personalist”, of equality and solidarity, with the guarantee of social rights and – especially – with the “social function” of property. According to these principles we may focus the link with the (abstract) definition of “Common”, such as a category founded on participative democracy, expression of individual duties and responsibility (of the potential users) and finalized to satisfy long-term interests and the needs of future generations.