Diritto e Società
Rivista trimestrale fondata nel 1973
da Giovanni Cassandro, Vezio Crisafulli e Aldo M. Sandulli
III serie – 3/2013
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sommario
saggi
Natalino Irti, L’acqua tra beni comuni e concessioni (o la pluralità delle ‘appartenenze’) …. 381
Dian Schefold, La Repubblica divisibile e indivisibile. Limiti, condizioni e funzione dell’unità politica …. 391
Paolo Carnevale, Il vincolo referendario di non riproduzione della normativa abrogata fra giurisprudenza costituzionale e dottrina. Qualche riflessione alla luce della sentenza n. 199 del 2012 della Corte costituzionale …. 405
Fabio Saitta, Del divieto di aggravamento ventitré anni dopo (ovvero dell’intramontabile discrezionalità istruttoria dell’amministrazione procedente) …. 465
osservatorio
Federico Sorrentino, Principi costituzionali e complessità delle fonti …. 483
attualità
Aldo Carosi, La Corte dei conti nell’ordinamento italiano …. 501
recensioni
Gladio Gemma, “Fondata sul lavoro. La solitudine dell’art. 1”: ne discutiamo con Zagrebelsky …. 547
repliche
Aljs Vignudelli, «Non lo fo’ per piacer mio…». Brevi osservazioni (e qualche ulteriore quesito sull’“insostenibile” avalutatività dell’interpretazione giuridica) …. 559
Absract
Natalino Irti, L’acqua tra beni comuni e concessioni (o la pluralità delle ‘appartenenze’)
Il saggio traccia un profilo storico e teorico dei ‘beni comuni’. Ad avviso dell’autore essi consistono in una ‘pluralità di appartenenze’ e di difese giudiziali. Le concessioni danno luogo ad un uso eccezionale, che non sopprime le altre l‘appartenenze’, ma vi aggiunge quella del concessionario.
Water between Common Goods and Licences (i.e. pluralità delle ‘appartenenze’)
The essay outlines, both in a historical and a theoretical way, the rationale of “Common goods”. According to the author they consist in both “pluralità di appartenenze” and judicial defences. Licenses give rise to exceptional use, which do not withdraw others “appartenenze”, but instead adds the one of the licensee.
Dian Schefold, La Repubblica divisibile e indivisibile. Limiti, condizioni e funzione dell’unità politica
La contrapposizione tra unità e decentramento è un problema fondamentale della Costituzione. Lo stesso art. 1, nel sancire il principio della sovranità popolare, spinge a chiedersi fino a che punto essa esiga una decisione maggioritaria e “indivisibile” o, all’opposto, la garanzia di posizioni divergenti e pluralistiche. Attraverso le autonomie territoriali, la tutela delle minoranze, il pluralismo partitico, il riconoscimento di altri ordinamenti giuridici, la Costituzione italiana assicura la frammentazione. Il saggio si interroga, allora, su come sia possibile consentire la formazione di una volontà statale univoca e davvero “indivisibile”. Anzitutto – cerca di rispondere – attraverso la Costituzione, che, come complesso di norme giuridiche, pretende di disciplinare la convivenza del popolo costituito e – in quanto tale – indivisibile. Dal ruolo orientatore della Costituzione, e dalla sua prevalenza, deriva, poi, l’introduzione del controllo di costituzionalità e la creazione di Corti costituzionali come simbolo dell’unità del controllo sulle leggi nello Stato costituzionale. E le Corti, accanto al Presidente della Repubblica, sono le istituzioni che rappresentano l’unità e l’indivisibilità della Repubblica, di fronte al pluralismo dei lavori parlamentari. Ma a presidio dell’unità stanno anche gli istituti di democrazia diretta e, quale fattore decisivo, la coscienza civica, che accetta l’indivisibilità dell’adesione alla res publica, mantenendo i diritti e le libertà di tutti. In questa dialettica, quindi, il principio di indivisibilità è tutt’altro che annientato, ed il compito del giurista, certo non facile, è quello di far valere tutte le norme costituzionali, contribuendo a mantenere l’“unità della Costituzione”.
The Divisible and Indivisible Republic. Limits, Conditions and Function of Political Unity
The contrast between unity and decentralization is a key issue for the Constitution. Article 1 itself, enshrining the principle of popular sovereignty, raises the question of to what extent sovereignty requires a majority and “indivisible”
decision or, on the contrary, the guarantee of divergent and pluralistic positions. Through decentralization, protection of minorities, party pluralism and recognition of other legal systems, the Italian Constitution provides for fragmentation. The essay questions about how it is possible, then, to allow the formation of a State will which is really unique and “indivisible”. First of all – it tries to answer – through the Constitution, which, as a set of legal rules, purports to regulate the coexistence of the people constituted and – as such – indivisible. From the orientative role of the Constitution, and from its prevalence, derives, then, the introduction of constitutional review and the creation of constitutional courts as a symbol of the unity of control on the laws in the State Constitution. And the courts, next to the President of the Republic, are the institutions that represent the unity and indivisibility of the Republic, in front of the pluralism of parliamentary work. But in defence of the unity are also the institutions of direct democracy and, as a decisive factor, civic consciousness, which accepts the indivisibility of accession to the res publica, maintaining the rights and freedoms of all. In this dialectic, then, the principle of indivisibility is far from being annihilated, and the task of the jurist, certainly not easy, is to keep into consideration all constitutional norms, helping to keep the “unity of the Constitution”.
Paolo Carnevale, Il vincolo referendario di non riproduzione della normativa abrogata fra giurisprudenza costituzionale e dottrina. Qualche riflessione alla luce della sentenza n. 199 del 2012 della Corte costituzionale
Il saggio, muovendo dalla sentenza n. 199 del 2012 della Corte costituzionale, che per la prima volta ha dichiarato l’incostituzionalità di normativa legislativa perché sostanzialmente riproduttiva di disciplina abrogata per mezzo di referendum popolare, innanzitutto ripercorre la pregressa giurisprudenza costituzionale che, sin dal 1978, ha riconosciuto più o meno esplicitamente l’esistenza del c.d. vincolo referendario e risponde alla serie di obiezioni che la dottrina ha rivolto all’affermazione di quest’ultimo. Nella seconda parte del lavoro l’autore analizza i diversi problemi concernenti la morfologia e la qualificazione del vincolo referendario, chiarendo quando sia possibile parlare di ripristino della normativa abrogata, come il divieto di riproduzione di quest’ultima abbia una durata temporale – che non viene meno però con il termine della legislatura, ma solo quando muti il contesto fattuale ed ordinamentale entro cui s’era tenuta la consultazione referendaria – e quanto le difficoltà a verificarne la violazione possano indurre la Corte costituzionale a un sindacato limitato alle ipotesi di evidenza e macroscopicità del vizio.
The Referendum Bond of Non-Reproduction of the Repealed Norm between Constitutional Case-law and Doctrine. Some Reflections in the Light of the Decision n. 199 of 2012 of the Constitutional Court
The essay moves from the decision n. 199 of 2012 of the Constitutional Court which, for the first time, declared the unconstitutionality of a legislative norm because substantially reproductive of a discipline repealed by a popular referendum. First of all, the writing retraces the previous constitutional case-law that, since 1978, has recognized, more or less explicitly, the existence of the socalled “referendum bond” and responds to several objections that doctrine addressed to its affirmation. In the second part of the work, the author analyzes various issues concerning the morphology and qualification of the referendum bond, clarifying when it is possible to figure a reproduction of a repealed discipline, how the prohibition of reproduction is temporary – and not simply linked to the end of the legislature, but to a real modification of the legislative and factual context in which the referendum was held – and how much the difficulties in the verification of the violation may lead the Constitutional Court to an evaluation limited to the cases of evidence and macroscopic defect.
Fabio Saitta, Del divieto di aggravamento ventitrè anni dopo (ovvero dell’intramontabile discrezionalità istruttoria dell’amministrazione procedente)
A distanza di più di dieci anni da un precedente studio, l’Autore torna ad analizzare la disposizione contenuta nell’art. 1, comma 2, della legge n. 241 del 1990, secondo cui la pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria. La disposizione continua ad essere prevalentemente applicata dalla giurisprudenza soprattutto per sancire il divieto di imporre oneri ingiustificati a carico delle ditte partecipanti alle gare per l’aggiudicazione di pubblici appalti, nonché per escludere la sussistenza, in capo alla pubblica amministrazione, dell’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento in tutti i casi in cui la partecipazione del privato sarebbe risultata inutile. L’analisi evidenzia che la dottrina non è più unanime nel ritenere che il divieto di aggravamento costituisca applicazione del canone generale di economicità, essendo state proposte diverse ricostruzioni, pone in rilievo le persistenti difficoltà riscontrate nell’applicazione concreta della norma e si conclude con la constatazione che la discrezionalità istruttoria dell’amministrazione procedente continua a regnare pressochè incontrastata.
The Prohibition of Aggravation after Twenty-three Years (ie The Timeless Discretional Power of the Administration within the Procedures)
After a decade from a previous study, the author analyzes again the disposal contained in the art. 1, clause 2, of the law n. 241 of 1990, according to which the public administration can not increase the procedure if not in presence of
extraordinary and justified reasons imposed by the development of the same procedure. Especially, the disposal is still applied by the jurisprudence in order to establish the prohibition to impose unjustified obligation on the subjects participating in the public contract. It is also applied in order to exclude the existence of the obligation to communicate the beginning of the procedure in such cases in which the subject’s participation would have been useless. The analysis highlights that the doctrine is not unanimous anymore in considering that the prohibition to increase a procedure constitutes the application of the general economic rule. Furthermore, even if several reconstructions have been proposed, the analysis underlines the persistent difficulties found in the concrete application of the rule and ends with the realization that the discretional power of the administration within the procedures still reigns uncontested.
Federico Sorrentino, Principi costituzionali e complessità delle fonti
Si pone in luce la difficoltà d’inserire in un ordito coerente il fenomeno delle norme create al di fuori del sistema nazionale. In questa ottica si analizza il fenomeno dell’integrazione europea e dei rapporti tra ordinamento nazionale, comunitario e CEDU, nonché della c.d. lex mercatoria. Sebbene sul piano formale le norme europee e quelle della CEDU operino nell’ordinamento interno in forza di rinvii che le norme costituzionali fanno ad esse, sul piano sostanziale il loro ingresso ha comunque una portata travolgente, incidendo sulle categorie giuridiche interne. Inoltre, l’esistenza di diverse fonti di tutela dei diritti – la Carta di Nizza, le costituzioni nazionali e la CEDU – comporta problemi di coordinamento non ancora superati. La c.d. nuova lex mercatoria, rappresentando un sistema di regole, validamente posto ed applicato, ma autonomo da ogni riconoscimento statale, incrina poi definitivamente il monopolio statale della produzione normativa.
Constitutional Principles and the Intricacies of the Sources The difficulties to introduce externally created regulations into a coherent national system are becoming quite evident.
In this respect the case of the European integration and its relationship with the national and Community legal systems as well as the norms of the European Court of Human Rights and the so-called lex mercatoria are being considered.
Although from a formal point of view both the European norms and those of the European Court of Human Rights are normally applied in the national legal system because of the referrals made by the constitutional norms, it should be
stressed that their introduction has had sweeping consequences on the national legal profession. Moreover, the existence of various sources for the safeguarding of human rights – the Nice Convention, the national constitutions and the European Court of Human Rights – causes coordination problems that so far have not been resolved.
The so-called new lex mercatoria, which represents a system of rules, all put together and implemented legitimately, but independent of any involvement by the state, impairs definitely the state’s monopoly to produce rules and regulations.
Aldo Carosi, La Corte dei conti nell’ordinamento italiano
Il presente studio riguarda la posizione della Corte dei conti dell’ordinamento italiano, con un’ampia retrospettiva sulla storia di questa Istituzione di controllo. La Corte dei conti italiana è una istituzione di controllo appartenente al cosiddetto modello latino, il quale – a differenza del modello anglosassone riconducibile a quello delle authorities – è caratterizzato dalla cointestazione delle funzioni di controllo e giurisdizionali nella materia della contabilità pubblica.
Prendendo le mosse dall’epoca medievale, quando si diffondono nei diversi Stati della penisola italiana alcuni modelli di controllo e giurisdizione, che evolveranno successivamente nei caratteri dell’attuale Corte dei conti, l’indagine si
sviluppa a partire dalla fondazione ufficiale dell’Istituto (1862) fino al contesto storico contemporaneo. Dopo un’analisi delle diverse vicende del dopoguerra che hanno condotto al lento ma completo decentramento della Corte dei conti sull’intero territorio nazionale e una contemporanea ricognizione dei caratteri delle varie funzioni svolte dall’Istituto, l’attenzione viene rivolta alle tendenze evolutive della legislazione e della giurisprudenza. In tale prospettiva viene posta in risalto la concentrazione del sindacato del controllo verso i parametri della legalità finanziaria e contabile, soprattutto per effetto delle più recenti e abbondanti novità normative introdotte nell’ultimo quinquennio. Contestualmente viene altresì rilevata la sproporzione quantitativa e qualitativa tra attribuzioni di controllo e giurisdizionali con l’auspicio che il legislatore ponga in essere, nel rispetto della natura dell’istituto, un riequilibrio
delle due funzioni e una razionalizzazione della giurisdizione contabile attraverso una riforma organica del tipo di quella che ha interessato la giustizia amministrativa italiana. Parte dello studio è anche dedicata al principio del contraddittorio nell’ambito del controllo e della giurisdizione, nonché alla problematica della tutela degli interessi finanziari diffusi nell’ordinamento italiano.
The “Corte dei conti” in the Italian Legal System
Purpose of this work is to offer, with an historical perspective, a description of the role the “Corte dei conti” plays within Italian institutional settings. Italian Corte dei conti derives its nature from the so-called Latin model and, contrasting with the Anglo-Saxon one based on the authorities, it is in charge of both the audit and the jurisdictional function. As the Corte dei conti can be seen as the evolution of some previous institutions existing in the Italian states that then will merge into the Italian nation, the study moves from those experiences to describe its evolution from the year of its foundation (1862) to present times. In doing so, it (i) discusses the reasons that, after the end of second world war, led to the Corte dei conti progressive devolution from central to regional level, (ii) it describes its current functions and main features, (iii) it explains the evolutionary trends that can be found in both current regulation and jurisdictional pronouncements, (iv) it highlights how the auditing function is concentrating on the control of compliance with accounting and financial regulations. The work highlights the increasing disproportion between the requirements that the regulators have made in terms of jurisdictional and auditing requirements and calls for a rebalancing of the two functions throughout a complete reform as the one that has addressed the Italian administrative justice. Minor part of the work is devoted to the analysis of the “fair trial” principle in both auditing and jurisdictional function as well as to the defense of diffused financial interest in Italian jurisdiction.